«Tre cose sottili sono il maggior sostegno del mondo: il sottil rivolo di latte dalla mammella della mucca dentro il secchio; la foglia sottile del frumento ancora verde sulla terra; il filo sottile sulla mano di una donna industriosa. Tre rumori di prosperità: il muggito di una mucca gonfia di latte; il tintinnio del ferro di una fucina; il fruscio di un aratro.» (The Trials of Ireland, secolo IX)

Santi leggeri… santi pesanti. Santi pesanti… santi leggeri


PALAZZOLO. Tra la prima e la seconda guerra punica, ai Romani, consultati i libri sibillini, fu suggerito che facessero venire in città, dall’Anatolia, la dea Cibele onde tributarle onori e avere protezione. Ma, la nave che la trasportava, giunta all’imboccatura del Tevere, all’improvviso si appesantì
 tanto che non si riuscì più a farla andare avanti. Responso dell’oracolo: solo l’intervento di una vergine avrebbe potuto fare procedere il simulacro. Si fece avanti la vestale Appia Claudia che, anche per sventare alcune maldicenze sul suo conto, scese verso il fiume e scioltasi una esile cintura la legò alla nave e questa senza nessuno sforzo scivolò sull’acqua come se fosse stata priva di peso.
La dimensione mitica di questo evento di epoca precristiana, arricchita dalla fantasia e dalla creduloneria popolare, prosegue pure in pieno cristianesimo e dà vita ad una vastissima letteratura di fenomeni miracolosi, vere e proprie leggende nella sostanza, in cui protagonisti sono i santi o i loro simulacri con virtù più o meno taumaturgiche. Santi e simulacri dispettosi che fanno il “miracolo” ad una comunità piuttosto che ad un’altra, a un paese piuttosto che ad un altro. Per i prescelti diventa privilegio, compensazione, rivalsa nei confronti degli altri, degli esclusi, superamento di frustrazioni, appagamento di pulsioni, e altro ancora.
Questi fatti prodigiosi, avvolti nel mistero e nella leggenda, hanno quasi sempre sullo sfondo un fondamento storico, enfatizzato e mistificato dalla vox populi, non scevra da suggestioni e che in ultima analisi contribuisce a indurre il cristiano ad un atto di fede e di devozione in Dio o in un santo. Prendiamo, ad esempio san Michele, e il suo santuario sul monte Gargano, santuario che porta il titolo di celeste basilica, perché luogo di culto non consacrato da mano d’uomo ma scelto e consacrato dallo stesso arcangelo. Ben quattro furono le apparizioni con relativi prodigi del Santo, il quale, fin dalla prima apparizione, dichiara deciso: “Io sono l’arcangelo Michele: essendomi proposto di dimorare sulla terra in questo luogo e di proteggere chi vi abita, ho voluto dimostrarlo col prodigio del toro”. Alla terza apparizione san Michele dice al vescovo di Siponto: “Non spetta a voi dedicare questa basilica che io ho edificato. Io stesso l’ho fondata e l’ho anche dedicata. Dovete soltanto entrare e frequentare questo luogo in presenza mia, vostro patrono”. Il vescovo, assieme ad altri sette prelati, giunto alla grotta indicata dall’arcangelo come sua dimora e basilica, vi trovò eretto un rozzo altare sormontato da una croce e l’orma del piede del santo impressa nella roccia.
Il santo (o il suo simulacro che lo raffigura) quando decide con chi e dove stare si manifesta in tanti modi: apparizioni (come nell’evento appena citato), guarigioni, lacrimazioni, scampati pericoli, acque miracolose, sorgenti che spuntano improvvise, ecc. Sta alla chiesa dare l’imprimatur e distinguere gli eventi miracolosi da quelli puramente leggendari.
In questo contesto vogliamo prendere in considerazione alcuni casi ammantati di leggenda che riguardano “miracoli” di simulacri o di altro e che, a seconda dell’intenzione del santo di accasarsi in un posto piuttosto che in un altro, diventano pesanti e intrasportabili o, viceversa, leggerissimi.

IL SS. CRISTO DI CANICATTINI BAGNI
Quel Santissimo Cristo di Canicattini che ogni venerdì Santo, accompagnato dal lamientu dei nuri e dalla supplica delle verginelle, processiona lungo le strade principali del paese, rientra nel filone dei santi che acquistano o perdono peso prodigiosamente.
Il canonico Aiello ci dà notizia della leggenda relativa al furto della statua da parte dei Floridiani attirati dai prodigi che essa operava in Canicattini. Strada facendo però la statua acquistava sempre più peso tanto che, stanchi, i ladri furono costretti a deporla per riposarsi. Dopo un po’ volendo riprendere il cammino per Floridia, i malcapitati non riuscirono più a schiodarla dalla strada e atterriti per il sacrilegio commesso se la diedero a gambe. I Canicattinesi, accortisi del furto, e sospettando proprio dei Floridiani, si precipitarono sulla strada per Floridia. A Cava Bagni trovarono il loro Ecce Homo il quale, diventato leggero come una piuma, fu riportato trionfalmente in paese. Nel posto in cui si era prodigiosamente appesantito rimasero impresse le sante orme.

S. SEBASTIANO
Il quattro maggio i melillesi festeggiano il loro patrono miracoloso: san Sebastiano. Tutto iniziò quando verso la fine del mese di aprile del 1414 una nave inglese, con a bordo una cassa con l’effige di san Sebastiano, a causa di una violenta tempesta naufragò tra Siracusa e Augusta. Esattamente sulla spiaggia di Stentino, dopo qualche giorno, da alcuni pastori fu trovata la cassa con la statua. I pastori sorpresi si recarono in tutta fretta dal vescovo di Siracusa per raccontare quanto avevano visto. Il prelato, immediatamente, assieme al clero e al popolo siracusano, si recò in processione sul luogo del prodigio per prelevare la cassa con dentro la statua che, appena toccata, diventò pesantissima e non fu possibile spostarla. Il vescovo chiese rinforzi ma fu tutto inutile. La notizia si sparse nei paesi vicini e vennero pure preti e gente di Floridia, d’Augusta, di Lentini, di Sortino, di Noto. Niente! Tempo perso! Il Santo sembrava uno scoglio attaccato al fondo del mare, “finalmente il 1° maggio venne il clero di Melilli e la statua divenne leggera come una piuma e si fece trasportare al paese con tutta la cassetta che ha sotto i piedi”(S. Crescimanno, 1899). Tuttavia, arrivati in contrada “Carcaredda” la statua divenne di nuovo così pesante che i sacerdoti furono costretti a posarla a terra senza più riuscire a smuoverla. Era il segno che il Santo miraculusu voleva che si fabbricasse in quel punto la sua chiesa. E lì fu fabbricata la prima cappella, oggi diventata quel tempio imponente che tutti possiamo ammirare.
Sempre san Sebastiano è il protagonista di un altro evento, questa volta a Tortorici, in provincia di Messina. Ogni anno il 20 gennaio, dies natalis del Martire, la vara con il Santo viene portata in processione nei pressi del torrente Calagni. Dopo avere attraversato più volte il corso d’acqua, i nuri portatori fanno una breve sosta. Il rito è legato a una leggenda. Si racconta che una volta due pellegrini provenienti da Roma con addosso un capello e un pezzetto di unghia del Santo, giunti al fiume, non poterono andare più avanti perché trattenuti da una forza misteriosa. I pellegrini supposero che la causa della loro impossibilità di procedere forse era da ricercare nel prezioso carico che avevano addosso diventato improvvisamente pesante. Le autorità ecclesiastiche e il popolo presente interpretarono il fatto come volontà del Santo di volere rimanere a Tortorici. Spodestato quindi il vecchio protettore, proclamarono san Sebastiano nuovo patrono della città.

SAN CORRADO DI NOTO
Quando in Val di Noto morì l’eremita san Corrado Confalonieri di Piacenza, le campane di Avola e di Noto si misero a suonare prodigiosamente, senza che nessuno le toccasse: “Gli Avolesi, arditi più del dovere, cercano di strappare dalle mani dei Notinesi il sacro corpo. Ne segue violento attacco senza morti e senza feriti. I Notinesi propongono allora che si scelgano quattro uomini da ambedue i popoli contendenti per sollevare il feretro dal suolo. I primi furono gli Avolesi i quali non valsero a sollevarlo mentre poi a’ Notinesi sembrò così lieve il caro peso” (Pitrè, 1900). Per motivi di spazio siamo stati costretti ad accennare solo ad alcune leggende di questo filone assai diffuso nella tradizione popolare. Una cosa è certa: quando ai devoti chiedete se la storia del loro santo “pesante” è vera o è solo una leggenda, rispondono piccati: “Vera è, vera, ci mancherebbe altro!”.

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