«Tre cose sottili sono il maggior sostegno del mondo: il sottil rivolo di latte dalla mammella della mucca dentro il secchio; la foglia sottile del frumento ancora verde sulla terra; il filo sottile sulla mano di una donna industriosa. Tre rumori di prosperità: il muggito di una mucca gonfia di latte; il tintinnio del ferro di una fucina; il fruscio di un aratro.» (The Trials of Ireland, secolo IX)

San Sebastiano: martire e taumaturgo contro le epidemie

Fu legato a un palo e trafitto da tante frecce da sembrare un riccio

s. Sebastiano in un murales dei giorni nostri
via dei Pettinari, Roma

Il 10 agosto Palazzolo Acreide festeggia San Sebastiano martire, protettore della città. E' una festa religiosa e popolare che alla solennità liturgica accompagna una consolidata tradizione folkloristica e culturale in grado di richiamare una grande moltitudine di persone attratta dalla spettacolarità della festa e dai secolari riti devozionali. Il 20 gennaio, per i Palazzolesi diventato giorno di precetto sin dal 1623, è riservato alla festa liturgica e alla processione serale del simulacro.


Culto pestilenze e protettorati
         Il principale luogo di culto di San Sebastiano è l'omonima Basilica sulla via Appia a Roma: qui si trovano la cripta del santo e alcune reliquie unitamente ad una delle frecce che trafissero il martire.
         Fin dall'antichità San Sebastiano godette di un culto vastissimo che da Roma e dall'Italia si diffuse soprattutto in Occidente. Oltre che nella nostra penisola, la grande devozione per questo santo ancora oggi continua ad essere molto viva in Francia, in Spagna (una città del golfo di Biscaglia porta il nome di San Sebastiano), in Germania, in Africa, in Brasile (è il patrono di Rio de Janeiro).
         Uno dei primi miracoli compiuto da San Sebastiano gli valse l'appellativo di guaritore dei muti: Zoe, moglie di Nicostrato, il capo della cancelleria imperiale, da sei anni non parlava, ma Sebastiano, implorata la grazia divina, le restituì la parola dopo averla semplicemente segnata sulle labbra.
         Il culto di S. Sebastiano diventò ancora più popolare in occasione della pestilenza del 680 che colpì principalmente Roma e Pavia. La peste fu così virulenta che i vivi a malapena bastavano a seppellire i morti. A Roma il flagello cessò dopo che una processione, con le reliquie del Santo, si fu recata presso la chiesa di San Pietro in Vincoli. In segno di graditudine gli fu eretto un altare nella suddetta chiesa (la stessa dove si trova il "Mosè" di Michelangelo) con un mosaico raffigurante San Sebastiano. Altro miracolo simile avvenne a Pavia nell'estate del medesimo anno e il popolo grato gli eresse una chiesa.
         Da questi episodi ebbe origine e si diffuse la fama di San Sebastiano protettore e taumaturgo contro la peste e le malattie contagiose tanto che  chiese, santuari, edicole e luoghi di culto vari non si contarono più. Questo protettorato, oltre che dalla peste, è legittimato dalle frecce del martirio e dalla loro simbologia, difatti, secondo la tradizione classica (e biblica), le frecce sono lo strumento del castigo divino e la peste è la metafora di tale castigo.
Andrea Mantegna
"s. Sebastiano"
olio su tela
Galleria dell'Accademia, Venezia

         Le grandi epidemie assai frequenti durante il Medioevo, contribuirono a favorire lo sviluppo di questo aspetto del culto di San Sebastiano. Ad ogni epidemia veniva invocato S. Sebastiano e, dove c'era la devozione, anche San Rocco, pure lui protettore contro la peste. In Sicilia le pestilenze storiche furono quelle del 1347 (Messina e Palermo furono particolarmente colpite e in questa occasione i Palermitani acclamarono San Sebastiano patrono secondario della città), del 1449, del 1474, del 1482, del 1575 e i Siciliani non mancarono mai di rimettersi al martire taumaturgo. Anche Milano nel 1575 fu funestata dalla rovinosa epidemia e i Milanesi, con in testa il cardinale Carlo Borromeo, si affidarono all'alto patrocinio di San Sebastiano e lo invocarono come propulsator pestis.
         Soprattutto in Sicilia (e in tutto il Meridione) San Sebastiano oggi è uno dei santi più popolari e più festeggiati. A Siracusa e in provincia la devozione a questo Santo è antichissima, anteriore addirittura al XV secolo. Quando poi nell'anno 1414 si diffuse la notizia del miracolo della cassa con il simulacro di San Sebastiano avvenuto nell'antico porto di Trogilo, vicino a Melilli, la devozione per questo Santo, in tutta la provincia, crebbe in modo considerevole.
         Nello stesso periodo anche a Palazzolo, dove la devozione per San Sebastiano era già assai antica come sta a testimoniare un'antica cappella a lui dedicata nella chiesa della SS. Annunziata, il culto per San Sebastiano aumentò di molto, tanto che nel nuovo quartiere "superiore" che andava formandosi verso la fine del XVI secolo, gli si dedicò una piccola chiesa già intitolata a san Rocco. L'attuale basilica si trova nello stesso sito dove si trovava la predetta chiesa.
         Il martire, trafitto dalle frecce come un istrice dai suoi aculei, fu eletto protettore degli arcieri, pur essendone stato vittima, degli archibugieri e di molte altre corporazioni. Egli è invocato dai tagliapietre, dai tappezzieri, dagli artigiani dei metalli, dai giardinieri, dai pompieri. A Siracusa è il protettore dei portuali che gli dedicarono la piccola cappella vicino Porta Marina. Dal 3 maggio 1957, con Breve pontificio di Pio XII, è stato proclamato Patrono dei Vigili Urbani d'Italia.

Iconografia
         Il mito di San Sebastiano e la sua figura ricca di bellezza e di fascino hanno ispirato non solo i più grandi pittori e scultori ma anche la letteratura e la musica: il cardinale Wiseman nel 1854 pubblicò il romanzo apologetico "La chiesa delle Catacombe" e Gabriele D'Annunzio scrisse nel 1911 il dramma sincretistico "Il Martirio di S. Sebastiano" con musica di Claude Debussy. 
     Il Sodoma
"s. Sebastiano"
olio su tela
Palazzo Pitti, Firenze

    Come è noto, l'iconografia di San Sebastiano è vastissima e inizia fin dall'età paleocristiana. In questo periodo e per tutto il Medioevo San Sebastiano è raffigurato quasi sempre come un barbuto e maturo soldato romano. L'esempio più noto è il mosaico che si trova nella cappella di San Pietro in Vincoli, a Roma, realizzato dopo la peste del 680. Più o meno allo stesso modo è rappresentato nell'affresco absidale della chiesa di San Giorgio in Velabro sempre a Roma e nella basilica di Sant'Apollinare Nuovo a Ravenna.
         A partire dal XIII secolo si comincia ad assistere a un graduale cambiamento della caratterizzazione del Santo, che a poco a poco si trasforma da maturo soldato romano in giovane cavaliere armato di arco e frecce. 
         Dal Rinascimento in poi, il martire è abitualmente rappresentato quasi completamente nudo, trafitto da frecce (anche se morì verberato) e legato ad un albero o a una colonna; è diventato così l'equivalente degli dei e degli eroi greci celebrati per la loro bellezza, Apollo e Adone per primi.
         A proposito della nudità del Santo non si può fare a meno di citare l'aneddoto relativo alla festa dell'anno 1882 in Siracusa. Si racconta di un buontempone che mise in giro la voce secondo cui, a causa delle "scandalose" fattezze nude del martire, le monache del monastero di Santa Lucia non volessero accogliere il simulacro nel loro monastero. Diceria infondata, le suore, anzi, furono ben liete di averlo con loro!
Antonio Giorgetti
"Martirio di san Sebastiano"
marmo
San Sebastiano fuori le Mura, Roma

         E' quasi impossibile elencare tutti i grandi artisti che hanno raffigurato San Sebastiano, ci limitiamo quindi a citare solo alcuni nomi: Botticelli, Piero della Francesca, Sodoma, Mantegna, Tiziano, Tintoretto, Michelangelo, Raffaello, Caravaggio, il Pinturicchio, il Perugino, il Pollaiolo, Giambattista Tiepolo, Paolo Veronese, Giorgione, Guido Reni, Antonello da Messina, Pietro Paolo Vasta. Gian Lorenzo Bernini scolpì il bellissimo Busto del Martire che si trova nella cripta della Basilica di via Appia e Giuseppe Giorgetti realizzò nel 1672, su disegno dello stesso Bernini, la statua marmorea di San Sebastiano morto, posta sotto l'urna che ne raccoglie alcuni resti.

 Il Corriere degli Iblei, luglio-agosto 2001

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