«Tre cose sottili sono il maggior sostegno del mondo: il sottil rivolo di latte dalla mammella della mucca dentro il secchio; la foglia sottile del frumento ancora verde sulla terra; il filo sottile sulla mano di una donna industriosa. Tre rumori di prosperità: il muggito di una mucca gonfia di latte; il tintinnio del ferro di una fucina; il fruscio di un aratro.» (The Trials of Ireland, secolo IX)

Michele Magro: una vita con il frischiettu


“Ho imparato a suonare a meno di dieci anni di età. Ero adduvatu dai Tuccarieddi…”


Dire Michele a Palazzolo è dire Michele Magro, suonatore di friscalettu, sempre presente al primo sentore di festa. Nel continuare il filone relativo agli strumenti musicali popolari intrapreso nel numero scorso e per materializzare con un volto e un nome un appassionato di tale strumento, abbiamo sentito Michele Magro, ex operatore ecologico, un personaggio che, nel perpetuare la tradizione della musica popolare siciliana, da decenni delizia e diverte Palazzolesi e non.

A dieci anni
“Ho imparato a suonare il frischiettu a meno di dieci anni di età. Ero adduvatu dai Tuccarieddi (Caligiore) in contrada Furmica. Sono stato per ben 18 anni alle loro dipendenze e, insieme alla mia famiglia, sono stati loro a formarmi e a farmi diventare uomo onesto, educato, e lavoratore fedele e instancabile. Inoltre da loro ho imparato a suonare il fischietto e anche a scrivere (pochissimo) e a leggere (ancora meno). A chi mi chiede qual è il mio titolo di studio rispondo immancabilmente: ‘Diploma d’esilio!’.
E’ stata la maestra Rosetta Giliberto che m’ha ‘mparatu,  senza essere iscritto. Faceva scuola rurale in una casa dei Tuccarieddi, nella masseria dove lavoravo. Io, la sera, dopo aver condotto le vacche nella stalla, le portavo una quartara d’acqua, fresca di fontana. Lei, allora, mi prese subito a ben volere e ogni sera a poco a poco mi insegnò a scrivere e a leggere. Mi dava anche i compiti per “casa” che io l’indomani eseguivo sul primo mazzacani che capitava, quando ero a pascolare le vacche. Fatti i compiti mi sdillizziavo con il fischietto. Per questo sono riconoscente alla signorina Rosetta.
I miei padroni avevano la “macchinetta parlante”. Io ascoltavo attentamente i dischi e poi con il frischiettu c’andavo dietro e provavo e riprovavo tante volte fino a quando, grazie anche al mio orecchio, prendevo note e ritmo del pezzo suonato. Di notte, poi, nel buio della pagghialora, non riuscivo a prendere sonno, il tarlo della musica mi rodeva. Prendevo il fischietto e mi rimettevo a suonare fino a quando riuscivo ad affinare l’esecuzione. Dopo mi addormentavo”.    
                                                                                            
Tanti fischietti… anche per sette dita
Da un borsetto zeppo di fischietti ne estrae uno e di colpo si mette a suonare: “Questa tirantella l’ho imparata dalla macchina parlante. Si chiama ‘Ballettu sicilianu’ ”. Colto alla sprovvista, ho un sussulto e con la mente ritorno improvvisamente indietro nel tempo...
Continua Michele: “Il fischietto che sto suonando l’ho comprato a Taormina tanti anni fa e mi costò ben 40 mila lire. Quest’altro di canna ‘americana’- e me lo mostra, tasteggiando - ha più di 60 anni di vita, è quello a cui sono più affezionato, ha un suono particolare, molto fine, lo suonavo quando facevo parte dei gruppi folk. Tantissimo tempo fa me lo hanno valutato 700 mila lire, ma non lo cedo a nessun prezzo. Quando arriverà il momento ne farò omaggio alla Casa-museo di Antonino Uccello”.
Ancora mi fa vedere un altro fischietto con pirografata la data del 10.5.04: “Questo fischietto me lo ha regalato un amico di Taormina, dove, grazie ad una mia esibizione improvvisata gli feci vendere decine di fischietti. - E giù un’altra suonatina dimostrativa - Quest’altro fischietto viene da Pistoia, - e mi mostra un bel fischietto anche questo inciso con la tecnica della pirografia e recante dei motivi floreali con la data del 10.10.99 - lo ha fatto espressamente per me un amico del posto appassionato di zufolo. Sentendomi suonare vitti na crozza volle che gli insegnassi le battute giuste. Con questo pezzo si classificò primo alla Corrida di Canale 5. - e via un assaggio zufolato di questo classico - Per ringraziarmi mi fece questo friscalettu che ha le distanze ridotte tra un buco e l’altro per poterci arrivare con le tre dita rimaste della mia mano sinistra. - e così dicendo, mentre mi mostra la mano offesa con il medio e l’anulare muniti di sole falangi, attacca con u surdatu innamuratu - Una volta suonavo con nove dita ora me ne bastano sette, a volte però qualche battuta la copro con una delle due falangi. Ormai c’ho preso la mano nel vero senso della parola”.
Michele cosa ti è successo alla mano?” “Eh caro mio. Arrizzunu i carni! L’incidente mi è successo il 1° agosto di 56 anni fa in Germania. Eravamo in tre e da un marciapiede dovevamo ribaltare un grosso masso sulla ‘mpenna di una pala meccanica. Mentre lo stavamo spostando, proprio sul ciglio u puntali fici rumulu e scorrendo mi maciullò due dita: l’anulare si è troncato di netto, il medio mi è rimasto come incenerito…
A casa ho ancora tanti altri fischietti tra i quali uno che è vecchio di 200 anni e lo tengo come una reliquia. E continuo sempre a comprarne… perché il suono cambia sempre da un fischietto all’altro… sono tutti diversi…”.

Ogni occasione è buona
“In quali occasioni suoni il fischietto?”. “Ogni occasione è buona. Suonavo e suono sui carri allegorici da solo o con altri per Carnevale. Ogni anno suono nella grotta della Natività del presepe vivente. Suonavo anche al campo sportivo quando c’erano la partite. Fino a una decina di anni fa mi invitavano a suonare nei matrimoni, nei compleanni, nei battesimi, a parti i casa. Nei fistini mi sentivo un privilegiato perché avevo la facoltà di entrare senza la donna (si entrava rigorosamente in coppia) e tra una suonata e l’altra ballavo anche.
Per tanto tempo ho fatto parte del gruppo folkloristico palazzolese “Akrai”. Un bel gruppo in costume siciliano con oltre 40 elementi tra ragazzi e adulti, sotto la guida del maestro Terranova. Oltre al frischiettu c’era il tamburello, la fisarmonica, la chitarra, u marranzanu e altri strumenti. La sigla del complesso era Balletto siciliano. - e via la replica del pezzo - Il gruppo “Akrai” ebbe un grande successo, andavamo anche fuori ad esibirci. Ogni anno, nel mese di agosto partecipavamo ad una gara ad Acireale e ci classificavamo sempre primi o secondi. Eravamo molto affiatati. Quando il gruppo si sciolse passai al gruppo “Alfano” di Canicattini Bagni. Poi sono passato ad un gruppo di Avola. Ho suonato molto con Carlo Monaco sempre con repertorio popolare. Mi sono esibito pure in TV. Anzi ti debbo dire che ho scritto diverse volte alla Corrida per esibirmi, ma non mi hanno mai chiamato per il provino. E sai come dovevo suonare? Con il naso. Sì con il naso, ti faccio vedere - e subito si infila l’imboccatura del fischietto alla narice sinistra e mi fa sentire dove sta Zazà? - Ora mi sono iscritto alla Corrida organizzata dalla Società Operaia V. E.  di Palazzolo che si svolgerà alla fine di luglio. Ma suonerò con la bocca, con il naso non posso, non posso sforzarmi perché nel 1988 sono stato operato al cuore. Anzi…sai qual è la prima cosa che ho chiesto al medico quando mi sono svegliato dopo l’operazione? ‘Dutturi u puozzu sunari u frischiettu appena mi riprendo?’. Quando il medico mi ha risposto di sì ma veniva da piangere per la gioia. Tuttavia a causa di questa malattia mi hanno mandato in pensione per inabilità al lavoro e sono stato costretto ad appendere la scopa al chiodo anche se ancora avevo voglia di lavorare.

Porta a porta
Quando facevo l’operatore ecologico avevo un sistema tutto mio per ritirare la spazzatura. Le persone appena da lontano mi sentivano cantare, cantavo sempre, si premuravano di mettere il sacchetto della spazzatura dietro la porta, ma non all’esterno, bensì all’interno, e lasciando la porta socchiusa ritornavano alle loro attività: io passavo, prendevo il sacchetto e lo depositavo nel carrello. Così si evitava che la spazzatura diventasse dominio di cani e gatti prima di essere ritirata. Cantavo, cantavo sempre, a squarciagola; non dicevo mai: spazzaturaaa! invece a mo’ di esortazione gridavo: ‘Forza ca ciovi!’ anche se c’era il sole che spaccava le pietre.
Prima di essiri malatu di cori ero forte come nu jencu e nel tempo libero ho sempre cercato di arrotondare, pronto a fare qualsiasi lavoro faticoso. Da solo ero capace di portare al 4° piano una lavabiancheria o un frigorifero. Se si trattava di un pianoforte, ad ogni piazzola mi fermavo e per riposarmi mi mettevo a suonarlo. Io, non mi sono mai risparmiato… tutte le persone che mi conoscono mi vogliono bene… abbiamo finito?…” “Penso di sì!…” “Aspetta, aspetta…  ti faccio sentire l’ultima tirantella  …”.

  Il Corriere degli Iblei, giugno 2007 

1 commento:

Anonimo ha detto...

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