«Tre cose sottili sono il maggior sostegno del mondo: il sottil rivolo di latte dalla mammella della mucca dentro il secchio; la foglia sottile del frumento ancora verde sulla terra; il filo sottile sulla mano di una donna industriosa. Tre rumori di prosperità: il muggito di una mucca gonfia di latte; il tintinnio del ferro di una fucina; il fruscio di un aratro.» (The Trials of Ireland, secolo IX)

U muluni ri acqua: rinfrescante frutto conviviale dell’estate


Solo a vederlo e tagliarlo mette allegria e si divide volentieri con gli amici.

  
Si ritiene che il cocomero (Citrullus volgaris) sia originario dell'Africa tropicale e, secondo alcuni documenti risalenti all'epoca egizia, sarebbe una specie coltivata da oltre 4000 anni. Non è detto però che gli antichi Greci e Romani intendessero con i termini anguria (angurion) e cocomero (cucumis) il frutto (muluni ri acqua) che intendiamo noi oggi.
In proposito c’è chi afferma addirittura che questo succoso frutto sia stato introdotto nelle mense europee solo a partire dai secoli XVII e XVIII. Questi ed altri nomi ancora oggi in circolazione, non aiutano certamente a far chiarezza sull’argomento: ciò che in Toscana si chiama “cocomero”, in Lombardia, Veneto ed Emilia si chiama “anguria” e a Napoli “melone d’acqua” (come da noi);  e in Lombardia “cocomero” significa “cetriolo”…
E’ una pianta che esige località calde e terreni profondi sciolti e ben concimati. In Sicilia la coltivazione in pieno campo è concentrata nella provincia di Catania, mentre quella sotto serra (piccoli tunnel) viene effettuata nelle province di Siracusa e Ragusa. Il frutto è sferoidale od oblungo con epicarpo di colore verde unito o striato; giunge a maturazione nei mesi estivi e la raccolta avviene scalarmente da giugno a settembre. La polpa è carnosa, dolce, farinosa, fresca, ricca di succo deliquescente, color rosso fuoco, contrastante con il verde più o meno acceso della buccia.
Oggi le varietà nostrane, quelle che si mettevano a dimora sino ad una trentina di anni orsono, hanno scarsa diffusione, al loro posto si sono affermate quelle selezionate negli Stati Uniti tra cui primeggia la Crimson sweet, di forma tondo - ovale: è questo il tipo di anguria più richiesto e più coltivato in Italia.

I “MELONI” DI SAN SEBASTIANO
A partire dalla fine di giugno i meloni sono già in bella mostra sui camion dei venditori o nelle botteghe e nei supermercati. La stagione di questo frutto, a Palazzolo, raggiunge il suo culmine per la festa di San Sebastiano. Una volta si aspettava proprio questa festa per comprare il tradizionale muluni. Una settimana prima i mulunara stoccavano la loro merce sotto i portici di via C. Alberto. Ancora prima si piazzavano all’interno dell’area scoperta dell’ex arena “Di Mauro”, già cinema “Acre” e oggi Biblioteca comunale. Uno spettacolo impagabile era il vedere i tre o quattro uomini impegnati nello scarico dei “meloni” (i muluna ri Lintini, o del Faro, rotondi regolari, non molto grossi, di colore verde bottiglia: era questa la qualità nostrana più diffusa) dal camion a terra. La sincronia era perfetta. I lanci calibrati, precisi: sembrava di assistere ad una partita di pallacanestro. Il primo tiro partiva dal camion, la sfera acquosa veniva bloccata da un secondo uomo che, in prima, passava al terzo il quale lanciava al quarto uomo che rapidamente depositava la sfera nel mucchio. Appena il tempo di alzare la schiena e già era in arrivo il melone successivo e questo per tre, quattrocento volte. I movimenti degli scaricatori erano accompagnati da un dondolio continuo del corpo, a mo’ di pendolo, che serviva a dare ritmo e sincronia ai passaggi. Appena terminata questa operazione, era di rito spaccare a metà alcuni tra i frutti più maturi, quelli color rosso fuoco, e metterli in bella mostra sul mucchio appena sistemato. Era un richiamo irresistibile per grandi e piccini. 
I meloni si compravano a scatola chiusa o con la prova: in questo caso si fa un tassello in modo da raggiungere la parte più recondita della polpa che deve risultare veramente rossa (il paradigma delle varie tonalità di rosso era sempre assai soggettivo sia da una parte che dall’altra). Di solito, però, si preferiva comprarli senza prova sia per il prezzo, ché era più basso, e sia perché il melone (essendo ancora i frigoriferi appannaggio di pochi), sistemato dentro il secchio, era destinato a fare buona compagnia per diverse ore alla grassa anguilla, abitatrice solitaria della cisterna domestica. Se il frutto è ben maturo quando è battuto con le nocche delle dita deve dare un suono cupo, sordo, oppure, premendolo con le mani si deve sentire scricchiolare la polpa. Per similitudine, Pitrè ci fa conoscere il gioco infantile del mulunaru: “Uno fa da venditore di muluna; e muluna sono un certo numero di giocatori. Viene d’un compratore e cerca d’un buon cocomero a prova. Egli stringe tra le mani una dopo l’altra le teste dei giocatori; e quel cocomero che gli pare buono da comprare pattuisce. Venditore e compratore si bisticciano e ci va di mezzo il cocomero, cioè la testa del giocatore preferito che riceve scosse e strizzoni”. 
Poco prima della mezzanotte del 10 agosto, i mulunara rompevano gli indugi e si mettevano a "vanniari" a squarciagola invadendo la via Monastero armati di coltellacci sulle cui punte, come trofeo, rosseggiavano profondi tasselli di angurie di "Lentini". Le iperboli sul colore, sul gusto e sul prezzo (ormai stracciato, con o senza prova) del melone si sprecavano veramente.
I ragazzi, soprattutto, andavano a scialaquarselo allegramente a Fontanagrande, dopo averlo lasciato a rinfrescare per una decina di minuti sotto i currugghia. Solo a vederlo tagliare dava refrigerio e metteva allegria e a tutti i soci partecipanti.

CREDENZE E LEGGENDE
In alcune zone della Sicilia si crede che le bucce di cocomero messe sotto il letto siano mezzo infallibile per allontanare o per far morire le pulci, le zanzare, ed altri insetti ed a questo scopo vengono scrupolosamente conservate. Pare inoltre che il consumo del cocomero, da parte dei bambini, abbia un notevole effetto vermifugo o antielmintico. 
In alcuni paesi europei fra i contadini, esiste una credenza assai diffusa relativa ai semi di questo frutto: quando lo si consuma bisogna stare attenti a non mescolare i semi che si sputano con quelli messi da parte per la semina; altrimenti, anche se i semi sputati possono certo germinare e fiorire, i fiori cadranno sempre, come i semi sono caduti dalla bocca, ed essi non daranno mai frutti. Anche Columella dice la sua: “Il cocomero può venire dolce e saporitissimo se lasci macerare il suo seme nel latte prima di metterlo in terra… bisogna stare attenti di lasciare frequentare pochissimo alle donne i luoghi dove sono zucche o cocomeri… se poi si trovano anche nei loro periodi mestruali, potrebbero uccidere le piccole piante anche solo guardandole”.
E’ assai ricorrente nella novellistica popolare la suggestiva tematica del giovane (quasi sempre un principe - eroe) che, abbandonata la casa paterna, va in giro per il mondo alla ricerca della donna ideale e alla fine trova la sua sposa in un frutto o grazie ad un frutto, il quale una volta è la mela, un’altra la melangola (arancia amara) o la melagrana, un’altra il cocomero, ecc. Nel caso del cocomero si narra di un giovane principe che riceve da un gobbo la predizione che rimarrà scapolo. Il giovane, allora, si mette in giro per il mondo, finché trova un orco, il quale viene incontro al suo desiderio di avere una sposa. Dopo una serie di peripezie il giovane entra nel palazzo delle fate e vede tre cocomeri sopra una tavola: li prende in fretta e fugge. Senza tenere conto della raccomandazione dell’orco, che l’aveva avvisato di non aprire i tre cocomeri se non presso una fontana, il giovane assetato ne apre due, dai quali escono due ragazze che spariscono repentinamente. Arrivato in un’osteria il principe getta un bicchiere d’acqua sul cocomero rimasto e, come per incanto, gli appare una vezzosa ragazza completamente nuda. Il giovane allora corre in città a prendere gli abiti per vestirla e… i colpi di scena si susseguono a ripetizione continua sino a quando alla fine i due sposi si ricongiungono e… vissero felici e contenti!

 Il Corriere degli Iblei, Luglio-agosto 2003

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