«Tre cose sottili sono il maggior sostegno del mondo: il sottil rivolo di latte dalla mammella della mucca dentro il secchio; la foglia sottile del frumento ancora verde sulla terra; il filo sottile sulla mano di una donna industriosa. Tre rumori di prosperità: il muggito di una mucca gonfia di latte; il tintinnio del ferro di una fucina; il fruscio di un aratro.» (The Trials of Ireland, secolo IX)

Liliana Moscuzza: cinquant’anni tra musica, canti, inni, salmi, litanie…

… mia madre mi prendeva le dita intirizzite tra le sue mani e me li strofinava per riscaldarle, ci soffiava sopra…


Palazzolo. Le funzioni religiose in chiesa sono accompagnate da varie composizioni strumentali e vocali  che introducono o evidenziano le sequenze della celebrazione e coinvolgono in prima persona l’assemblea invitata a rispondere coralmente.

A dieci anni
Suona e fa da cantore, a richiesta, in tutte la chiese di Palazzolo. Lo fa da oltre cinquant’anni e non ha nessuna intenzione di appendere i tasti al chiodo. La signorina Liliana Moscuzza è figlia d’arte, con il DNA della musica nel sangue. Il padre, don Paolo, artigiano eclettico, oltre ad avere bottega di falegname in via Roma e a costruire anche strumenti musicali, suonava la tromba nella banda comunale di Palazzolo diretta dal maestro Giuseppe Stabile senior. Lo zio Ciccio suonava anche lui, come pure il nonno. Più generazioni quelle dei Moscuzza, tutte con il pallino per la musica, compresa Mariella, sorella di Liliana. Liliana, a nove anni, sulla scia del padre, suonava il violino. Fu però con il maestro Stabile che perfezionò e affinò il suo estro, con lui imparò tecniche e metodi che contribuirono a farle acquisire abilità professionale. L’opportunità di suonare in chiesa per le funzioni religiose, le si presentò quando il maestro Arezzi, suonatore di armonium e fisarmonicista in un complessino da lui stesso diretto, ma soprattutto padre di una cinquina di figli, non ce la fece più a tirare la carretta con i modesti proventi della sua attività e piantò tutto per un posto fisso e remunerativo: custode ad Agrigento nella Valle dei Templi. Liliana ad appena dieci anni incominciò a suonare nelle chiese.

I due santini
“Quali canti suona?”. “Dipende dal “Tempo”: Avvento, “Tempo” di Natale… e dalla funzione religiosa. Durante la messa si suona il canto d’ingresso, il canto dell’offertorio, quello della Comunione, il canto finale e così via. Nella messa da matrimonio si suona la marcia nuziale, l’Ave Maria. Per i funerali si suona il requiem, e a volte anche la marcia funebre. In genere sono canti popolari, conosciuti, così i fedeli possono cantare anche loro. Chi canta prega due volte!

Come mai ha messo sulla tastiera i santini di san Paolo e di san Sebastiano vicini vicini?”.  “E che c’è di strano, sono i santi più amati dai Palazzolesi e io voglio bene a tutti e due allo stesso modo, senza nessuna differenza. Anche nell’armonium della chiesa di san Paolo i due santini sono vicini l’uno all’altro… mi sembra giusto.
Una volta, un accanito devoto, arrabbiatissimo perché il suo santo l’avevo messo accanto al santo “rivale” si avvicinò e, additandomi uno dei due santi incolpevoli, mi chiese risoluto: “Chistu chi cci fa cca!?”. Io, ad ogni buon conto, lo strumento lo chiudo sempre a chiave, anche per evitare che qualcuno possa compiere atti vandalici come è già successo diverse volte. In una chiesa una volta hanno rotto tre tasti, in un’altra hanno spezzato la corda della pedaliera… non solo lo chiudo a chiave ma lo copro anche con un panno per evitare che possa prendere polvere, lo copro come si copre un bambino per difenderlo dal freddo. Anche se gli strumenti che suono non sono miei, è come se lo fossero, io li rispetto, mi ci affeziono.

Sono pure affezionata a questo sgabello su cui sto seduta, è un ricordo di mio padre falegname, me lo fece a 84 anni suonati, anzi oltre a questo me ne fece altri tre: due rettangolari per la chiesa di san Paolo e per sant’Antonio, e uno rotondo per il Convento. Quelli rettangolari sotto il sedile sono forniti di una mensola per mettere la borsa”.Così dicendo, si alza, inclina un po’ lo sgabello e mi fa vedere la mensola sotto. In fondo, sulla paretina interna del manufatto, spiccano un nome e una data: Paolo Moscuzza, 25.5.1992.

Cinque vescovi

L’ho incontrata domenica scorsa nella chiesa di san Sebastiano, subito dopo il commiato del nostro arcivescovo in visita pastorale, in attesa della messa di mezzogiorno: “Ero così piccola che i miei piedi non arrivavano a toccare la pedaliera dell’armonium. Le prime volte mi accompagnavano in chiesa mio padre o mia madre, specie quando per Natale, alle cinque di mattina, andavo o suonare la Novena a San Sebastiano. Prima di mettermi sui tasti, mia madre mi prendeva le dita intirizzite tra le sue mani e me li strofinava per riscaldarle, ci soffiava sopra, altrimenti non avrei potuto tasteggiare. C’era a quel tempo il parroco padre Giannone, che aveva una bella voce e sapeva cantare. Il buon padre Caligiore invece è stonato, ma, poverino, la colpa non è sua. E’ una questione di orecchio, ci si nasce, intonati! E io ho molto orecchio, è una sensibilità naturale, so suonare e cantare anche senza spartito, ho sulle spalle decenni di carriera e un repertorio consolidato e collaudato. Se, ad esempio, viene improvvisamente a mancare l’energia elettrica, diventa un dramma per chi in quel momento è alla tastiera di una pianola elettronica corredata di base e amplificata dall’impianto stereofonico: piomba il silenzio, non si può proseguire. Per me invece è indifferente, suono lo stesso, io suono e canto a viva voce, senza nessuna amplificazione e ritengo che questo, in un mondo dove oggi è tutto tecnologizzato, sia molto importante. Anche padre Boccaccio è intonato… padre Roberto Garro aveva una bella voce e pure padre Davide Dimare e padre Luca Bandiera il parroco di San’Antonio… sa suonare anche lui l’armonium.Io, durante questa mia lunga carriera, ho avuto la fortuna di conoscere ben quattro vescovi, cinque anzi, se consideriamo il  nostro vescovo in carica, mons. Giuseppe Costanzo; ho avuto l’onore e l’onere di suonare allo loro presenza durante la cresime o in occasione delle visite pastorali. Ho conosciuto mons. Calabretta, vescovo di Noto (Palazzolo fino al 1950 apparteneva a quella diocesi), mons. Ettore Baranzini, mons. Giuseppe Bonfiglioli, mons. Calogero Lauricella.Ho suonato pure nella chiesa dell’Immacolata in occasione della prima comunione di Rossella, la figlia dell’on. Giovanni Nigro; celebrante era il fratello del nostro ex sindaco, mons. Francesco Nigro. Mi ricordo ancora che, quando tanti anni fa si sposò mia cugina Carmela, io e mio padre durante la funzione in chiesa ci siamo esibiti eccezionalmente in un duetto: io all’organo e lui con il violino: abbiamo eseguito con grande successo l’Ave Maria di Schubert”. 

Oggi, nella maggior parte dei casi, le chiese sono attrezzate di impianti stereofonici con le musiche liturgiche registrate; al celebrante, al momento opportuno, basta premere un bottone predisposto sull’altare ed ecco che partono le lodi, l’offertorio, l’Ave Maria, il requiem, seguiti dal coro degli astanti. Oppure ci sono i cori parrocchiali che cantano dal vivo ma al suono della pianola su base pre-registrata. E’ raro ormai trovare musicisti, che, dal vivo, senza playback e senza basi pronte, accompagnino con suono e voce le fasi  della messa com’era consuetudine un tempo.    


A Palazzolo Liliana Moscuzza rispetta questa tradizione e dal vivo continua ancora appassionatamente a cantare e a suonare l’armonium: la sua, dopo tanti anni, è una presenza che è diventata familiare a tutti i Palazzolesi a qualsiasi parrocchia appartengano; è facile incontrarla in chiesa al suo posto di lavoro la domenica o, nei giorni feriali, durante le funzioni religiose relative ad eventi lieti o tristi che, giorno dopo giorno, si avvicendano ineluttabilmente.






 Il Corriere degli Iblei, ottobre 2007


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